Cardoncello Divino: Ristorante italiano a New York

La seconda vita di una coppia monzese, che lascia una carriera consolidata in Brianza, per realizzare un sogno: l'apertura di un vero ristorante italiano a Manhattan

Cardoncello Divino, un ristorante italiano fancy e dalla cucina ricercata, che presenta in esclusiva assoluta il fungo Cardoncello negli Stati Uniti. Il fungo Cardoncello è stato definito da Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, come uno dei funghi più democratici per la sua versatilità in cucina.

Servito da solo, infatti, è protagonista, con la sua eccezionale meaty texture e un sapore persistente in bocca anche dopo la cottura; mentre si rivela un fungo discreto, se accompagnato ad altri ingredienti: il suo gusto delicato non nasconde, ma esalta gli aromi dei cibi che lo accompagnano.

CARDONCELLO DIVINO from EXPORTUSA on Vimeo.

Di antiche origini pugliesi, il fungo Cardoncello era già conosciuto nel Medioevo nella zona delle Murge, e viene oggi presentato al palato americano grazie a un’idea dei fondatori, “pazzi” abbastanza da avere successo in America. Un concept innovativo, che eleva il fungo Cardoncello a ingrediente cardine nel menù, impiegato come parte integrante sia nei piatti regionali, sia nella proposta dei cocktail. Il tutto, con una costante rivisitazione in chiave contemporanea.

Cardoncello Divino ha aperto da circa tre mesi, nel cuore di Manhattan, a due passi dal Madison Square Park e dalla location storica di Eataly, nei pressi del Flatiron District. Un ristorante dalla cucina sofisticata e i sapori doc, che si caratterizza come «Italian Modern Osteria», come recita la scritta sotto l’insegna. Ma la cui anima è tutta brianzola. 

I suoi ideatori, infatti, sono una coppia monzese, Andrea Colombo e Giuseppina Torno, il cui passato, però, racconta una storia diversa, fatta di numeri e calcoli e un lavoro nel mondo della finanza. Professione che volge al termine quando si innamorano di un’idea, aprire un ristorante “che ancora non c’è” a New York. 

Nel frattempo, soffiava forte il vento di cambiamento anche per un amico della coppia, il ristoratore sommelier Christian Ferrulli, che, coinvolto nel progetto da Giuseppina e Andrea, accetta la sfida di accompagnarli in questa ambiziosa avventura.

 

Affidiamo il resto del racconto direttamente alle parole dei protagonisti. Giuseppina e Christian nella video-intervista esclusiva ad ExportUsa, nell’emozionante giorno del Grand Opening

ExportUsa ha supportato il progetto di Cardoncello Divino a New York in tutti le sue fasi (nella fase di entrata e di permanenza su questo mercato) e siamo fieri degli incredibili risultati raggiunti, soprattutto per le persone che ne fanno parte. Quando si entra a Cardoncello Divino, ancor più dell’eleganza, dello stile e del gusto servito nel piatto e nel bicchiere (decisamente upper-class!), ciò che emerge immediatamente è l’atmosfera di un tipico locale italiano. Non manca mai il sorriso, la battuta e quel modo di fare inconfondibile del Belpaese, capace di far sentire le persone a casa, non importa che siano di quartiere o che arrivino dall’altra parte del mondo. 
 

Cosa distingue Cardoncello Divino dagli altri ristoranti glamour a New York?

Un ristorante di classe, ma homy, ciò che in molti cercavano, ma non trovavano, nel ritmo di vita incalzante di una delle metropoli più popolate del mondo. Dove la regola è imbattersi ogni giorno con migliaia di volti sconosciuti. Ma niente paura, quel posto “che non c’era” (e che era nel sogno di Giuseppina e Andrea) ora c’è!
 

L’intervista di Andrea è a cura di Dario Crippa, per Il Giorno di Monza
(8 novembre, 2018). Racconta i primi, ma importanti riscontri del pubblico, a 3 mesi dalla grande apertura

Una storia di passione e di business: la seconda vita di Andrea Colombo, 50 anni, titolare di una società di trading

Una storia di passione e di business

Non sono un ristoratore puro – spiega – ho sempre lavorato nella finanza: in una banca d’affari prima, in una società di trading tutta mia poi, vendo numeri.


Fino a quando? 

Io e la mia compagna andavamo già spesso a New York per lavoro e ci eravamo resi conto che mancavano veri ristoranti italiani, quelli che c’erano proponevano una cucina vecchia e che spesso scimmiottava soltanto quella del nostro Paese. Allora dopo aver parlato con un amico ristoratore, anche lui di Desio, abbiamo deciso di tentare questa avventura, ognuno con le proprie competenze…
 

Come sta andando? 

Impossibile per ora fare bilanci, ma il riscontro è ottimo. I clienti entrano, gli americani sono curiosi e tutte le sere siamo pieni. Negli ultimi due anni c’è stata un’ondata di nuovi ristoranti italiani, noi offriamo qualcosa di nuovo e di grande qualità,newyorkesi, persone istruite curiose e con parecchi soldi da spendere, apprezzano.
 

Difficoltà?

È un lavoro impegnativo, la gente a New York mangia sempre fuori, i soldi girano, ma devi adeguarti ai ritmi di un’altra società. E se non riesci a metterti sulla lunghezza d’onda di New York rischi di saltare: qui ci sono costi esorbitanti, solo per un affitto ti ritrovi a spendere 20mila dollari. Normale poi che un piatto di pasta o una pizza siano in menù a 20-25 dollari. Perché non stai pagando solo il cibo, ma anche il metro quadrato in cui lo stai mangiando”.
 

Le piace New York?

È una città bellissima, che ti offre tanto in termini di svaghi, dai concerti agli spettacoli, in cui non si dorme mai e si corre in continuazione, che ti assorbe e non ti consente di fermarti. 
 

Lo dicono anche di Milano, a volte...

(ride) Solo che New York questo accade all’ennesima potenza. 


Come si fa a resistere? 

Ogni due mesi torno a Monza. Devo rifiatare, mollo il mio appartamento al 36esimo piano e torno in Brianza: sono cresciuto dalle parti di via Della Birona, ho studiato qui prima di prendere la laurea in Legge. Però una città con i locali chiusi al lunedì sera a New York sarebbe impensabile.


Difetti degli americani?

La loro mentalità è diversa dalla nostra, ci metti un secondo ad assumere qualcuno ma non sei mai certo che il giorno dopo si presenterà al lavoro, c’è un turn-over pazzesco in fatto di personale. E poi, in America, se c’è un problema si blocca tutto, faticano a trovare una soluzione. Noi Italiani invece siamo camaleontici, capaci sempre di trovare una strada alternativa per superare un ostacolo.


Perchè il cardoncello?

È un fungo pugliese e gli americani amano molto in funghi. E poi non era il solito nome all’italiana, abbiamo scelto qualcosa di originale. E abbiamo trovato a New York due chef originari proprio della Puglia. Oltre al nostro general manager, si chiama Christian Ferrulli e viene pure lui dalla Brianza, da Desio.


E i clienti?

Di tutti i generi, e disposti a spendere senza troppi problemi. Il livello è medio alto ma il bello di New York è che non sai mai a chi ti trovi di fronte, impari a non giudicare mai dal look e dall’aspetto come si fa in Italia: e capisci presto che non puoi mai sapere a chi ti trovi di fronte, se a un operaio o a un super manager della Microsoft.

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